Ti va di fare un gioco?
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Dai uno sguardo ai primi dieci meme, hai visto su quale branca dell’Odontoiatria quei mattacchioni fanno più post?
Ovviamente l’Endodonzia!
Non è difficile capire perché.
L’Endodonzia è la sola tra le nostre attività che si fa al buio.
Per farci strada ci affidiamo a dei “bip bip” di un rivelatore e delle immagini in bianco e nero su un monitor (o su delle lastrine per i più nostalgici).
Per farla bene ci vuole tempo e può capitare che stesi sul nostro riunito ci siano degli (im)pazienti che sbuffano e che magari, una volta tolta la diga, non hanno niente di meglio da dire che:
“Abbiamo finito? Che tortura, se avessi saputo, lo avrei tolto”
Rispetto ad altre branche l’endodonzia è meno pagata e per seguire tutti i protocolli,il perfetto endodontista, deve comprare un bel pò di giocattoli:
Motore, rivelatore,occhialini, attivatore ultrasonico, k-file, carta, gutta, cementi, Ni-Ti rossi, gialli, blu (manco fossero Power Rangers) etc etc..
La domanda quindi sorge spontanea:
C’è davvero qualcuno, senza traumi infantili, che fa questo di sua spontanea volontà?
La risposta è si! Gli endodontisti esistono e sono tra noi!
La maggior parte dei neolaureati (tranne quelli che hanno il papi che può permettersi di mandarli all’università di “Niù Iorch” per seguive i migliovi chivuvghi) muovono i primi passi affacciandosi alla conservativa e all’endodonzia.
Vi faccio il mio esempio:
Giovane odontoiatra 23enne che dopo laureato torna nello studio di famiglia.
Uno studio che sta in piedi da prima che io nascessi e che negli anni ha trovato una propria organizzazione.
L’unica opzione valida per farmi spazio era appiopparmi tutto quello che gli altri non avevano voglia di fare.
Da questa scelta in poi i pazienti nella mia agenda aumentavano sempre di più e io, proprio come la più classica della Sindrome di Stoccolma piano piano mi innamoravo di quello che all’inizio era stata una scelta per costrizione.
Ho iniziato a seguire corsi, leggere libri, confrontarmi con i colleghi e stabilire un protocollo che rendesse le terapie canalari una sfida avvincente e non una tortura.
I ritrattamenti, per esempio, sono da me visti come una challenge, qualcosa dove devo essere più bravo del collega precedente per portare a casa il risultato.
Ormai pratico l’endodonzia da più di 10 anni e proprio qualche mese fa mi sono fermato a pensare quanto tutte quelle ore a sagomare e chiuedere i canali abbiano influenzato non solo il mio lavoro ma anche il mio atteggiamento e la mia personalità.
Le terapie canalari richiedono oltre che calma e pazienza, dei protocolli e una precisione al millimetro.
Se nelle ore di lavoro sei concentrato a seguire queste regole, ti verrà naturale seguirle anche quando esci dallo studio.
E allora, magari come me, non ti basterà più, andare a scattare foto per strada alla cazzo di cane.
Leggerai libri e seguirai corsi di Street Photography per migliorare le tue capacità.
Non ti basterà dare colpi su una batteria tanto per, cercherai un maestro.
Ma non uno che ti dice fai “tum tum pà” qualcuno che applichi un metodo con metronomo, spartito e che segua un protocollo, esattamente come fai tu.
Da qualche anno non sono più un endodontista puro.
Mi occupo anche di protesi, di impantologia, di chirurgia e non hai idea di quanto il mio background endodontico mi sia utile.
Le terapie canalari sono una palestra per il corpo e per l’anima.
Non arrenderti al canale non trovato, allo strumento spezzato, alla perforazione.
Analizza il tuo errore, capisci dove hai sbagliato, e cosa devi fare per non farlo ricapitare.
Sbattici la testa, sii triste per l’insuccesso ma non abbatterti, fortunatamente molti dei nostri pazienti si lavano male i denti (o non se li lavano proprio), avrai quindi velocemente modo di rifarti!
Tutto ciò ti porterà a non arrenderti, a ricercare la perfezione e a visite oculistiche periodiche.
( e non perché fai le seghe ai canali).
Con Affetto,
Pam-Krabbé